MESSAGE IN THE BOTTLE
Fa freddo, le onde si infrangono fra loro e gli schizzi, salati e maleodoranti, mi sferzano il viso e mi seccano la lingua.
Le mani avvizzite e sanguinolente afferrano, disperate, un pezzo di legno, ultimo ricordo di una nave forte e potente che non esiste più, nulla rimane della sua imperiosità, solo un labile ricordo.
Confuso nella notte e nel gelo gli occhi, esausti, si chiudono per cercare riposo ma, contro ogni legge fisica, li costringo a guardare.
Offuscati, vedono, o almeno credono di vedere, luce, tenebra, nebbia, calore e gelo.
Nulla è reale, nulla è comprensibile ma tutto lo è, in questo nuovo universo.
Le onde mi strapazzano, a volte è un movimento che mi ricorda la dolce ninna nanna materna, altre uno tsunami distruttore.
Le mani si intorpidiscono, la mente osserva il mio corpo, o ciò che ne rimane, andare alla deriva.
Esausto lascio la presa. Non posso fare altro.
Affondo.
Riemergo annaspando, cerco disperatamente aiuto.
Riaffioro quasi per miracolo e inspiro l’aria gelida prima che un’altra onda mi travolga e poi mi inghiottisca nuovamente.
Luce.
Aria.
Allungo una mano ma niente. Tu non ci sei.
Affondo…Annego…Incomincio ad apprezzare il freddo, il silenzio,il dolce abbraccio dell’inedia e dell’oblio.
Galleggio nell’infinito nulla, libero. Piccolo ed insignificante, con gli arti gelati e privi di sensibilità.
Poi, una mano sconosciuta mi ripesca, mi riporta su, mi offre ossigeno, mi da calore. Aria nei polmoni, salsedine sui miei capelli, energia per il mio cuore.